Dipendenza affettiva

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Dal bisogno dell’altro all’amore per se stessi

In questo articolo tratto la tematica della dipendenza affettiva, chiarendo che non è affatto semplice dare una definizione del concetto di dipendenza affettiva, innanzitutto perché il concetto di dipendenza, così come quello di indipendenza tende ad avere mille sfaccettature e implicazioni.
La dipendenza affettiva non è una dipendenza da sostanze o da alcool (anche se può sfociare in questo), così come non è dipendenza dal gioco, dallo shopping, dal sesso, dal lavoro, dal telefonino e così via.

La dipendenza affettiva inoltre può manifestarsi come comportamento, come disturbo e infine come patologia. Parlerò della dipendenza affettiva come comportamento e come disturbo tentando una prima definizione.

Cos’è la dipendenza affettiva?

La dipendenza affettiva è, come tutte le dipendenze, un modo di cercare al di fuori di noi stessi l’attenzione, la stima e l’amore che non abbiamo percepito da bambini.
E’ una distorsione relazionale in cui il dipendente non riesce ad abbandonare l’illusione (quella onnipotente di un bambino) di cristallizzare il rapporto in una dimensione idealizzata e vive l’angoscia che qualcosa possa cambiare.
Non riesce ad accettare i limiti propri e dell’altro pertanto si costruisce un’immagine ad occhi chiusi, smette di vedere la realtà per quella che è, si chiude al mondo reale e vive nel potenziale e nel sogno utopico.

Nella mia esperienza professionale ho riscontrato frequentemente che gli adulti con problematiche di dipendenza affettiva sono stati bambini che si sono dovuti prendere cura dei loro genitori (malati o poco presenti o immaturi o traumatizzati).
Sono stati bambini che non hanno portato a compimento il loro ciclo di sviluppo verso l’autonomia: ad essi è stato chiesto di crescere molto velocemente, manipolati dal messaggio inconscio di un genitore che diceva più o meno così: se vuoi che io ti voglia bene, prima devi prenderti cura di me.
Nell’esperienza del bambino che si prende cura della propria mamma o papà, con l’intento di alleviarne le sofferenze, di sostenerli, con la speranza di guarirli, matura la convinzione che affetto, stima e riconoscimento gli saranno tanto più dovuti quanto più egli riuscirà in questo compito.
Tutto ciò in vista di un lieto fine: dopo averli guariti, i suoi genitori si prenderanno finalmente cura di lui, fornendogli tutto il supporto, il sostegno e la sicurezza di cui egli ha bisogno.
L’adulto si struttura intorno all’illusione di poter ricostruire il legame con un genitore amorevole e attento di cui non ha fatto esperienza.
Ciò che continuerà a guidare per la vita il dipendente affettivo è un faro che si accende tutte le volte che egli coltiva l’aspettativa di aver trovato finalmente il partner perfetto, entusiasmandosi con euforia per poi spegnersi quando deve constatare il fallimento di tale attesa.

Qual è l’origine della dipendenza affettiva?

E’ evidente che la dipendenza affettiva affonda le proprie origini nell’infanzia, in particolare nella relazione con i genitori. E’ molto probabile che mamma e papà siano stati impossibilitati nel soddisfare il bisogno di amore del bambino (bisogno di sentirsi visto, accolto, nutrito, stimato), che ha imparato così a limitare i propri bisogni adattandosi al sentirsi inappagato.
Da qui deriva rabbia, tristezza, frustrazione, bisogno di riconoscimento costante.
Questo processo di limitazione porta alla formazione di alcune credenze, tra cui: i miei bisogni non hanno importanza, non posso essere amato, non sono degno di, nessuno mi capisce…

Il bambino cresce con questi pensieri limitanti, è incapace di darsi amore, attenzione e nutrimento e diventa un adulto che dipende dagli altri per quanto concerne il proprio benessere psico-fisico e la soluzione dei propri problemi.

Il bambino rimane alla costante ricerca di quella simbiosi perfetta che non ha potuto vivere nella sua relazione primaria con la madre e che spera di poter realizzare nella vita adulta con un partner ideale. Un bambino quindi che rimane appeso alla condizione di dipendenza nell’attesa che qualcuno, finalmente, si prenda cura di lui.

Cosa prova una persona dipendente affettivamente?

Tutto ciò prende la forma di una problematica evolutiva che porterà allo sviluppo di:

  • Carente autostima (che cos’è l’autostima?) .
  • Grande indecisione con serie difficoltà a fare delle scelte.
  • Basso livello di fiducia nelle proprie capacità e di conseguente una scarsa fiducia negli altri.
  • Tendenza al controllo nei rapporti di intimità (leggi l’articolo sull’intimità) con conseguenti difficoltà a lasciarsi andare.
  • Difficoltà ad essere autentici.
  • Ricerca continua di relazioni simbiotiche o fusionali con figure idealizzate (che non saranno disponibili o perché già impegnate in altre relazioni o perché non interessate o perché incapaci di incontrare autenticamente l’altro).
  • Terrore dell’abbandono.
  • Dolore molto forte nel vivere la perdita.
  • Momenti di grande frustrazione e frequenti stati depressi (da cui ci si distrae occupando e riempiendo il proprio tempo in ogni modo).
  • Timore della disapprovazione.
  • Il senso del proprio valore è legato a qualcosa di estraneo da sè.
  • Timore del giudizio e della considerazione altrui.
  • Estrema sensibilità alle critiche.

Dominati da questi timori, queste persone mettono al primo posto tutto tranne che sé stesse e allo stesso tempo manipolano la realtà, smettendo di vederla per quella che è.


La dipendenza affettiva inizia dove finisce la capacità di vivere una relazione con libertà e spontaneità.

amore in gabbia

Quando l’altro non è più libero di essere, ma è costretto ad assumere un ruolo, l’amore diventa compensazione di qualcosa che riempie  i vuoti, controlla le paure, seda i bisogni.
Il rapporto non è un incontro tra due persone, ma soltanto dipendenza e limitazione reciproca, una vera e propria gabbia.
In questa gabbia si tende a:
1. disconoscere i propri bisogni emotivi.
2. limitare le proprie aspettative in funzione del partner.

Queste tendenze sono finalizzate, in modo più o meno inconsapevole, a nutrire la propria autostima attraverso il controllo del partner. Il tentativo di cambiare l’altro “serve” quindi per alimentare la propria autostima.

Dalla dipendenza all’amore autentico

L’amore non lo si può comprare, non lo si può imporre, lo si può solo vivere.
Coloro che non sanno percorrere l’esperienza fondamentale dell’autonomia, non possono rischiare l’amore autentico, né possono sperimentare una separazione che li porterebbe ad un nuovo percorso di crescita personale.
Per poter accedere all’amore autentico è necessario separarsi, sperimentare cosa accade quando ci reggiamo solo sulle nostre gambe.
Se impariamo a darci valore indipendentemente dagli altri, se ci riconosco nella nostra unicità, potremo smettere di barattare la felicità con un po’ di sicurezza.
Nulla dell’altro ci è indispensabile.
Né la sua bellezza, né la grazia, né il corpo, né le sue attenzione, né il suo potere, né i suoi soldi. Se noi crediamo in noi stesse/i, nulla ci è indispensabile.

amore autentico

A due passi dai tuoi percorsi giornalieri
c’è un’altra aria che ti aspetta dubbiosa
respirala, potrai rinascere.
Elias Canetti

Come uscire dalla dipendenza affettiva?

Imparare ad amare se stessi è un percorso da intraprendere con tanta pazienza.
I primi passi sono costituiti dalla consapevolezza, ovvero dal riconoscimento di essere un dipendente affettivo, dall’individuare i propri schemi di credenze e di comportamento, dal sentire nel proprio corpo le emozioni e le sensazioni fisiche e respirarci insieme.
I passi successivi consistono nello sperimentare la libertà attraverso qualche impercettibile rottura di schema.
Prendersi cura di se stessi per nutrire una fame d’amore antica e ritrovare la propria integrità e completezza.
Sviluppare l’assertività in modo da poter riconoscere e manifestare i propri bisogni senza timore.
E’ un cammino verso la propria autenticità da compiere con un terapeuta, perché attraversare la paura della solitudine e le proprie ferite non è affatto semplice.

Quali sono alcune componenti di un amore libero e autentico?

Fiducia, capacità di condividere e di essere ottimi amici.
Amore significa libertà e crescita, non senso di possesso e limitazioni.
Vuol dire dare pace e non agitazione, sicurezza invece di paura.
E’ comprensione, lealtà, incoraggiamento, impegno, sintonia e rispetto.
Amare comporta la capacità di essere complici e compagni, anche nei momenti di disaccordo e crisi, senza diventare avversari e concorrenti, perché l’amore è un sentimento che non ha nulla a che spartire con i conflitti e i giochi di potere.
Per riuscire in tutto ciò è importante accettare l’altro così com’è, senza pretendere che sia come si vorrebbe.

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Bibliografia:

  • Gli itinerari dell’amore e della passione, Franco Nanetti.
  • Dipendenza e controdipendenza affettiva, Massimo Borgioni.
  • La regolazione degli affetti e la riparazione del sé, Allan N. Schore.
  • Relazioni d’amore: normalità e patologia, Kernberg.

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