La ferita dell’abbandono: quando il bisogno d’amore nasce da un’assenza interiore
In questo articolo troverai i seguenti argomenti:
- CHE COS’E’ LA FERITA DELL’ABBANDONO
- COME SI MANIFESTA NEL CORPO, NELLE EMOZIONI E CON I COMPORTAMENTI
- COME NASCE LA FERITA DELL’ABBANDONO
- FERITA DELL’ABBANDONO E RELAZIONI DISFUNZIONALI
- GUARIRE LA FERITA: DA DOVE INIZIARE
- UN PERCORSO POSSIBILE: LAVORARIAMOCI INSIEME
Cos’è la ferita dell’abbandono
La ferita dell’abbandono ha radici profonde e si insinua presto nella nostra vita: basta poco perché un bambino si senta solo, anche se i genitori sono fisicamente presenti.
Non è solo l’assenza a lasciare il segno, ma anche la mancanza di un contatto emotivo autentico, caldo, rassicurante.
Una madre, ad esempio, può essersi dedicata con costanza al proprio figlio, rinunciando perfino al lavoro per occuparsi di lui, ma senza riuscire a connettersi davvero — in modo profondo e neurofisiologico — con la sua esperienza interiore.
E allora i vuoti emotivi della madre diventano anche i vuoti del bambino.
Questo vuoto può accompagnarci anche da adulti: siamo magari indipendenti e funzionanti nella quotidianità, ma ci sentiamo ancora affamati d’amore, in cerca di un nutrimento che non arriva mai abbastanza.

Come si manifesta nel corpo, nelle emozioni e con i comportamenti
La persona che porta questa ferita cerca (o vorrebbe trovare) un appoggio – fisico ed emotivo – perchè fatica a “reggere da sola”.
Anche per questo motivo tende a sviluppare una forma di dipendenza affettiva.
Ha paura di essere lasciata, dimenticata, rifiutata. Cerca conferme esterne, ha bisogno di presenza, contatto, attenzione. È spesso gelosa, ipersensibile al rifiuto e rischia di vivere oscillazioni emotive tra entusiasmo e tristezza.
Il corpo può raccontare questa ferita in modo simbolico: spalle leggermente curve, muscoli poco tonici, gambe deboli, stanche. Gli occhi, grandi e intensi, a volte tradiscono una malinconia profonda.
Sul piano interiore, la voce critica è molto attiva.
Si sente di “non valere”, di non essere importante per nessuno. Anche quando è circondata da affetto, fatica a riconoscerlo davvero. E così, senza volerlo, può finire per sabotare le relazioni, spinta dal timore che prima o poi tutto finirà.
Le origini della ferita dell’abbandono: da dove nasce

Questa ferita ha spesso origine nell’infanzia, nei primi anni di vita. Può nascere da una reale assenza, come un genitore fisicamente o emotivamente distante, o da esperienze di trascuratezza affettiva, anche se non evidenti. A volte è sufficiente che il bambino non si senta visto, accolto, contenuto nel modo di cui avrebbe avuto bisogno.
In età adulta, esperienze ripetute di abbandono (partner che se ne vanno, amicizie che si interrompono bruscamente) possono riattivare la ferita originaria. E se non viene riconosciuta, questa ferita può condizionare a lungo le scelte, i legami, la fiducia che si ripone nel mondo e negli altri.
Il rischio delle relazioni disfunzionali

Il dolore non riconosciuto tende a replicarsi.
Chi teme l’abbandono può mettere in atto, inconsapevolmente, dinamiche che finiscono per allontanare proprio chi vorrebbe trattenere. In alcune situazioni, il bisogno d’amore diventa così totalizzante da creare dipendenza, ansia, gelosia, controllo.
Oppure si cade nell’opposto: ci si chiude, si costruiscono muri, si finge indifferenza, si indossa una maschera di indipendenza assoluta, per non soffrire più. Ma dietro quella corazza c’è ancora quel bambino o quella bambina in attesa di essere riconosciuta, amata, rassicurata.
Guarire la ferita: da dove iniziare

Guarire non significa dimenticare o cancellare il dolore, ma creare spazio per accoglierlo, ascoltarlo e prendersene cura. È un cammino graduale, fatto di consapevolezza, presenza e gentilezza verso se stessi.
La ferita dell’abbandono comincia a guarire quando iniziamo a sentirci “abbastanza” così come siamo, anche da soli. Quando smettiamo di rincorrere l’amore fuori da noi, e iniziamo a coltivarlo dentro. Quando impariamo a distinguere tra bisogno e desiderio, tra paura e realtà.
È un processo che richiede tempo, ma che porta con sé una trasformazione profonda: si impara ad abitare la propria vita con più stabilità, a scegliere relazioni autentiche, a riconoscere il proprio valore.
Un percorso possibile: lavorare insieme
Se senti che questa ferita risuona con la tua storia, possiamo esplorarla insieme in un percorso di ascolto, consapevolezza e guarigione.
Lavoro con strumenti somatici e relazionali per aiutarti a ritrovare la tua centratura, rafforzare la tua presenza e creare relazioni più sane, a partire da quella con te stesso/a.
